Le persone con disabilità, 3,1 milioni in Italia, possono più facilmente ammalarsi di cancro e aumentare i disagi a causa di una disparità di accesso alla diagnosi precoce e alle terapie, rispetto al resto della popolazione. Richiama l’attenzione su queste e diseguaglianze la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (Favo). In occasione della Giornata internazionale dedicata ai diritti delle persone con disabilità, per aumentare la consapevolezza e l'attenzione verso i problemi connessi alla disabilità e l'impegno a garantire, con azioni concrete, la dignità, i diritti e il benessere di queste persone, l’associazione ha diffuso una serie di studi sul tema della qualità delle cure rivolte alle persone con disabilità, che sono apparsi recentemente sulla rivista The Lancet Oncology.  

Due studi pubblicati tra il 2020 e il 2021 hanno evidenziato un rischio più alto per le persone con disabilità di sviluppare alcuni tumori (seno, cervice uterina, colon-retto, prostata e linfoma non-Hodgkin) rispetto al resto della popolazione. I motivi sono vari: una maggiore attitudine al fumo di sigaretta e alla sedentarietà, la necessità in alcuni casi di sottoporsi più di frequente a esami radiografici che, aumentano l’esposizione a radiazioni ionizzanti e, in generale, un processo di invecchiamento anticipato. Se però, fino a pochi decenni fa, la prospettiva di vita di una persona disabile con il cancro era ridotta rispetto a quella dei coetanei sani, oggi, invece, grazie all’avanzamento della ricerca scientifica e a un miglioramento del welfare, è comune raggiungere l'età adulta e, in molti casi, anche la terza età. "Un risultato incoraggiante, da una parte - spiega Elisabetta Iannelli, segretario generale di Favo. Ma che porta con sé anche una maggiore probabilità di sviluppare una serie di malattie croniche più comuni nella seconda metà della vita come, per l'appunto, i tumori. Di conseguenza, il numero totale dei casi riguardanti queste persone è destinato ad aumentare. Chiediamo che il Paese, sul piano istituzionale e scientifico, consideri questo aspetto e attui una serie di misure per rendere il sistema sanitario più inclusivo e realmente universalistico, facilitando l'accesso e il percorso diagnostico, terapeutico e assistenziale per le persone disabili" che potrebbero ritrovarsi ad affrontare il tumore e le cure senza un adeguato supporto da parte dei familiari, soprattutto nel caso in cui la diagnosi arrivi in età avanzata.  

Disabilità non valutata negli studi 

Un altro problema evidenziato da Favo è che le persone disabili che diventano pazienti oncologici molto di rado vengono coinvolte nelle sperimentazioni cliniche, quindi le loro disabilità non sono tenute adeguatamente in conto negli studi. Inoltre, nella valutazione delle condizioni complessive dei malati, il peso della disabilità non viene riconosciuto in modo adeguato. La conseguenza è che i sistemi sanitari non sono messi nelle condizioni di fornire l'assistenza di cui questi pazienti hanno bisogno. Manca, per esempio, la disponibilità di personale altamente qualificato, non si prevedono infrastrutture e macchinari adatti alle specifiche esigenze, senza contare l’assenza di strategie di comunicazione e supporto psicologico efficaci e rivolte tanto alle persone disabili quanto ai loro caregiver .  

Tre mosse per migliorare l’assistenza 

Sono 3 le priorità per potenziare l'assistenza alle persone con disabilità e affette da un tumore, secondo l'analisi condotta da Liza Iezzoni, direttore del Centro di ricerca sulle politiche sanitarie, Mongan Institute, del Massachusetts General Hospital di Boston. La prima è accrescere la partecipazione agli screening oncologici.  Diversi studi hanno dimostrato tassi di risposta inferiore per gli screening del tumore al seno e della cervice uterina anche per l'assenza di macchinari più accessibili per questi pazienti. La seconda priorità agevolare il percorso diagnostico: lettini e macchinari per l'imaging non adeguati portano spesso a ritardare le diagnosi. La terza questione riguarda l’ottimizzazione dell'accesso alle cure e al follow-up e, chiaramente, alla necessaria riabilitazione.  

Mancano i numeri 

“Per garantire un'offerta sanitaria adeguata - prosegue Iannelli - è necessario innanzitutto partire dai numeri. Oggi non sappiamo quanti siano gli italiani che, già alle prese con una disabilità, si sono poi ammalati di cancro. Occorre inoltre aumentare la consapevolezza da parte dei sanitari della problematica oncologica legata alla disabilità, eliminare tutte le barriere, fisiche e culturali, che portano spesso queste persone a non conoscere le opportunità a loro disposizione e a rivolgersi meno di frequente alle istituzioni sanitarie".  

Quadri complessi  

A rendere la situazione più difficile per una persona disabile è spesso la complessità della condizione e delle terapie già in corso. Nei pazienti con una malattia neurologica infiammatoria (come la sclerosi multipla o altre malattie demielinizzanti) o degenerativa (come l'Alzheimer e il Parkinson) “molti trattamenti oncologici, come l'immunoterapia, potrebbero aggravare il decorso di queste malattie - spiega l'oncologa Paola Varese, presidente del Comitato Scientifico di Favo. Altri, come la chemioterapia a base di platino e taxani, possono peggiorare i sintomi sensitivi a causa degli effetti collaterali diretti dei trattamenti. Questa elevata complessità si traduce spesso in ridotte opportunità di cura a causa della mancata integrazione tra i servizi. Mai come in questo contesto – aggiunge - è necessaria una pianificazione assistenziale integrata, con una valutazione multidisciplinare reale che consenta di elaborare un progetto di cura individualizzato".  

I pazienti con una disabilità intellettiva sono più vulnerabili anche durante il percorso terapeutico per tre ragioni: una maggiore fragilità fisica che aumenta il rischio degli effetti collaterali dei trattamenti, le difficoltà a rispettare il piano terapeutico dall'inizio alla fine e i limiti nella gestione degli aspetti decisionali da condividere con il proprio oncologo durante le terapie, come dimostra una metanalisi coordinata da Anne Boonman, ricercatrice del dipartimento di cure primarie e di comunità del Radboud University Medical Center di Nijmegen, Olanda. "La disabilità intellettiva ha molteplici sfumature e rappresenta un problema nel problema - chiarisce Varese - In oncologia, più che in altri settori della medicina, la partecipazione attiva del malato al processo decisionale terapeutico è determinante, in virtù del margine di incertezza sul decorso e del rischio di tossicità. Molti disabili intellettivi non sono riconosciuti tali ai fini della legge e pertanto nessuno è legittimato a decidere in loro vece".   

Per evitare l’abbandono terapeutico, “agli operatori sono richieste tenacia, competenze trasversali, una solida preparazione bioetica e la capacità di creare e sostenere con costante sforzo la rete socioassistenziale – continua l’oncologa. Un surplus di fatica non da poco, in un momento di grave crisi per la sanità pubblica. Ma senza la quale non è possibile contrastare l'isolamento e la preclusione di accesso alle cure".   

Una questione di dati e risorse 

Degli oltre 3 milioni di persone disabili in Italia, quasi 1,5 sono anziani e, di questi, 900mila sono donne. Fino al 2019, anno in cui l'Istat ha pubblicato il primo rapporto sulla disabilità, il 26,9% viveva da solo, il 26,2% con un coniuge, il 17,3 % con il coniuge e un figlio, il 7,4% soltanto con un figlio, poco meno del 10% con uno o entrambi i genitori e il restante 12%, in altre tipologie di nucleo familiare. Geograficamente sono le isole ad avere una maggiore incidenza di disabilità: 6,3% per cento rispetto al 4,8% del Nord. Le Regioni nelle quali il fenomeno è più diffuso sono l'Umbria (8,7%) e la Sardegna (7,3%). Veneto, Lombardia e Valle d'Aosta, invece, quelle con l'incidenza più bassa (4,4%. “Il tracciamento formale della disabilità – precisa Iannelli - è un'istantanea molto imperfetta. Non tutte le persone con disabilità hanno accesso alle informazioni corrette per accedere ai benefici di legge connessi con la disabilità stessa: il lavoro delle reti oncologiche deve prendere in carico anche gli aspetti socio-assistenziali. Come Favo – continua - ci siamo battuti, assieme all'Inps e all'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom, ndr), per introdurre il certificato oncologico on-line al fine di semplificare, accelerare e migliorare il corretto accertamento dell'invalidità civile. Ma il lavoro da fare è ancora molto. Quello che possiamo promettere è che non lasceremo mai soli i malati, in particolare quelli in condizione di maggiore fragilità anche a causa di una pregressa disabilità psichica, fisica o motoria. E sosterremo con tenacia i valori della sanità pubblica, nell'ottica di una presa in carico globale e continua del malato e della sua famiglia”.  

23/01/2023