La pandemia ha fatto esplodere il fenomeno social, che apre nuove opportunità anche per le associazioni dei pazienti. Il Covid è stato un grande momento di rilancio e ripensamento all’interno del mondo dei cittadini e delle associazioni dei pazienti “che hanno dovuto tappare le falle nella comunicazione pubblica delle Istituzioni e suggerire correzioni in alcune scelte di politica sanitaria, soprattutto all’inizio della pandemia. Per i pazienti cronici, che non potevano fare i propri controlli, sono subentrate in modo forte le associazioni che hanno aumentato la loro attività d'informazione denunciando gli ostacoli all'accesso alle cure. Le associazioni hanno migliorato la loro presenza su web, ma anche sui social, la cui comunicazione è esplosa con il Covid”. 
Così Tonino Aceti, fondatore e presidente Salutequità intervenendo al Talk ‘Dott. Google e gli altri: come si informano gli italiani’, il nono webinar promosso e organizzato da Alleati per la Salute

Sicuramente ci sono aspetti nei social “che possono essere capitalizzati - osserva Aceti - come l’importanza di arrivare a tante persone. La necessità di creare una comunità tra i pazienti che possano dialogare, scambiarsi esperienze, è sicuramente uno dei mandati delle associazioni e si realizzano anche attraverso i social, oltre che con il web. Anche la lobby civica – continua - può trovare nei social un'ulteriore e importante opportunità. È molto carente l’informazione istituzionale sull’accesso ai servizi”.  

Evoluzione di un ruolo 

Tornando sull’argomento, in seguito al suo intervento al Talk, Aceti riflette sull’evoluzione che ha interessato proprio le associazioni dei pazienti. “Si sono rafforzate, anche se a velocità diverse; è stata un'occasione per migliorare il management, dalla raccolta fondi alla definizione e promozione di progetti per attuare le strategie coerenti con la mission. Tutto questo è funzionale a un’azione efficiente ed efficace di advocacy”. Contestualmente, c’è stato un salto di qualità anche nelle attività di relazioni istituzionali. “C’è stato un incremento di attività di lobby civica per la tutela dei diritti – sottolinea il presidente di Salutequità - e questa è una cosa importante che si concretizza in appelli, petizioni, utilizzo strategico dei media, produzione e comunicazione di dati sull'esperienza e sui bisogni dei pazienti, una partecipazione più diffusa a convegni e tavoli dove ci sono le istituzioni per portare il loro punto di vista...”. 

Anche la tecnologia ha avuto un ruolo in questo sviluppo. “Il web, prima, e ora i social – Instagram, Facebook o Twitter - sono tecnologie che possono incrementare l’attività lobbistica e il proprio brand, contribuiscono all'ampliamento della base associativa permettendo di veicolare messaggi – illustra Aceti -. Web e social hanno democratizzato molto il dibattito in sanità, perché i pazienti hanno la possibilità di far arrivare più di prima i propri messaggi alle istituzioni e alla politica, hanno più opportunità di far sentire la loro voce”. 

Il protagonismo delle associazioni nelle politiche pubbliche ha riferimenti normativi molto robusti, sia a livello regionale che nazionale, prevedendo il necessario coinvolgimento dei rappresentanti delle associazioni dei pazienti nei momenti decisionali in sanità e, più in generale, nell'attuazione del Servizio sanitario nazionale (Ssn). “Ci sono degli esempi – ricorda l’esperto – come l'Art. 118 u.c. della Costituzione, la Legge 833/78, i Decreti legislativi 502/92 e il 229/99, il Piano nazionale cronicità, il Patto della salute 2019 -21, passando per il riordino dei comitati etici e l’ultimo atto di indirizzo del ministero della Salute sulla partecipazione. La Federazione nazionale degli ordini delle professioni infermieristiche (Fnopi) ha anche attivato al suo interno una Consulta delle Associazioni di cittadini e pazienti per raccogliere le loro esigenze e bisogni, al fine di orientare le proprie politiche professionali sempre più verso la garanzia dei diritti. Anche l'Aifa, l’Agenzia del farmaco, ha iniziato un percorso, ma si va ancora troppo piano, visto che in quella europea (Ema) i pazienti sono già protagonisti in diversi tavoli di lavoro ormai da anni”.  

Questa evoluzione del protagonismo delle Associazioni è stata possibile grazie a “attività di formazione promosse maggiormente da soggetti privati, più che pubblici. Le istituzioni – puntualizza Aceti - segnalano potenziali conflitti d'interesse delle associazioni di pazienti, ma il loro ruolo nella formazione indipendente delle stesse associazioni è ancora troppo residuale, con pochi investimenti. Anche le tempistiche di erogazione delle risorse dei progetti pubblici sono troppo lente".  

Il valore social  

“Il social è un moltiplicatore di opportunità per l'interazione e la sensibilizzazione con le Istituzioni sui diritti, per rafforzare e innovare le modalità di raccolta fondi, comunicare su temi di interesse generale e allargare la comunità. Con i social arrivi a tutti, potenzialmente – continua l’esperto - è un potere enorme il cui esercizio necessita sempre della massima responsabilità. La corretta informazione, basata su evidenze, deve essere sempre al centro. Sui social – sottolinea Aceti - si può inoltre fare attività di accountability”. Sono molti i post delle associazioni sui loro convegni, campagne: da questo punto di vista è un modo sempre più forte di far conoscere e comunicare quello che si fa”. 

12/01/2023